Il Rapporto con l’Architettura
Una delle sezioni della mostra di Paolo Veronese presso il Palazzo della Gran Guardia sarà dedicata al rapporto tra il grande artista e l’architettura.
Nella cultura artistica veronese, già dalla fine del ‘300, le architetture dipinte assumono una sempre maggiore importanza, come ad esempio le favolose visioni di palazzi e monumenti gotici che si trovano sullo sfondo del “San Giorgio e la Principessa”, l’affresco del Pisanello per la Cappella Pellegrini in Santa Anastasia. Si arriva quindi ad Andrea Mantegna con la sua pala per l’altare di San Zeno, con colonne, pilastri e architravi desunti dallo studio delle architetture di epoca romana che l’artista, antesignano del Rinascimento, dipinge in una perfetta prospettiva. La tradizione continua con il Falconetto, notevole pittore di architetture, come per l’imponente ciclo ad affresco in trompe-l’œil per il Duomo di Verona.
Paolo Veronese e l’Architettura
Paolo Veronese, sin dall’inizio della sua carriera artistica, si inserisce in questa tradizione. Nei primi dipinti si ritrovano citazioni della città in cui il giovane Paolo si va formando, come ad esempio piazza dei Signori sullo sfondo de “le storie di Ester” conservato a Castelvecchio.
Nella pala Bevilacqua-Lazise, anch’essa a Castelvecchio, si ritrovano i suggerimenti che provengono da Tiziano, con la madonna sulla colonna e santi e committenti a scendere con una struttura triangolare, che verrà molto utilizzata da Paolo Veronese.
In un’altra opera della seconda metà degli anni ’40 (“storia della figlia di Giairo“) troviamo una formula che sarà ripetuta in più opere, con l’azione in primo piano e sullo sfondo un cortile con colonne binate. Il riferimento è forse porta Palio a Verona o San Savino a Venezia.
Nell’estetica rinascimentale l’architettura, in particolare quella desunta dai modelli greco-romani, rende dignitose sia le storie sacre, sia i ritratti. L’uso di elementi architettonici del passato romano è diventato comune già con la seconda metà del ‘400 a partire da Raffaello e dai suoi seguaci.
Progressivamente il giovane Paolo Caliari, con i viaggi e l’aumento delle fonti di ispirazione, incomincia a staccarsi dalle citazioni veronesi creando una sua “architettura personale”, scegliendo elementi in linea con il suo gusto estetico e con quello che era l’idea di mondo antico che cercava di rappresentare. Egli sceglie con il proprio occhio, con il proprio gusto le strutture, le colonne, i cornicioni, gli elementi decorativi, i frammenti antichi, studiati in grande dettaglio, e li inserisce nei propri dipinti. In qualche modo egli partecipa in parallelo con il Palladio al tentativo di ricostruire l’interno dell’ambiente antico.
L’uso dell’architettura dipinta diventa anche un modo di rafforzare le composizioni, aiutare raggruppamenti e divisioni di personaggi. Modanature e cornicioni possono diventare dei letti, la colonna è creatrice di un’area di importanza e un comodo appoggio per i protagonisti, frammenti antichi possono essere delle sedie.
Le architetture del Veronese sono in genere architetture teatrali in modo che esse sottolineino le caratteristiche dell’azione o l’importanza dell’episodio, biblico o allegoria, che viene rappresentato al loro interno. Le scelte fatte nell’insieme della composizione sono scelte di tipo scenografico, non vi è la pretesa di rappresentare realisticamente ambienti e interni.
Per i contemporanei, i dipinti del Veronese dovevano creare l’impressione di una scena teatrale, accentuata dall’abbigliamento dei personaggi raffigurati che ricorda proprio quella di attori. È importante ricordare l’importanza del teatro nella cultura del ‘500. Oltre che alla ripresa dei canoni e di un’estetica fondata sull’antichità romana, il Rinascimento portò con se’ il revival del teatro che si diffuse rapidamente. Non a caso a Verona venne restaurata l’Arena e utilizzata proprio per rappresentazioni, e a Vicenza, il Palladio stesso progetto il teatro Olimpico. Paolo Veronese realizzò disegni di ispirazione per la prima rappresentazione nel 1584.
Il Veronese e gli architetti
Oltre al rapporto tra Paolo Veronese e l’architettura dipinta nei suoi quadri, un altro elemento importante è il rapporto tra l’artista e l’architettura fisica, e più in particolare con gli architetti che la realizzano. L’esempio più rappresentativo è a Villa Barbaro a Maser dove gli affreschi sono parte della struttura architettonica e spesso rappresentano a loro volta strutture architettoniche dipinte e false prospettive.
Forse a Maser Veronese realizza un’opera non proprio in linea con il proprio gusto e stile, avendo lo stesso Palladio e i committenti, appassionati di architettura, come consulenti. La questione è ancora molto aperta e dibattuta ma sicuramente la realizzazione di villa Barbaro deve essere stata molto complessa.
Come sviluppava le architetture per i suoi quadri?
Sono molti i disegni preparatori di Paolo Veronese, ma non sempre ci permettono di capire l’evoluzione dell’architettura per lo sfondo delle grandi tele. Quello che è abbastanza certo è che Veronese, come per le figure, inizia a disegnare le architetture molto velocemente, in modo piuttosto approssimativo, e solo in seguito definisce con grande precisione capitelli, modanature e tutti gli altri elementi decorativi.
Raramente Paolo Veronese fa vedere edifici esistenti. Quando gli edifici sono reali, l’ispirazione è di solito Palladio o Sansovino anche se in ogni caso le strutture vengono poi alterate e modificate, piegate alle esigenze stilistiche dell’artista. In alcuni casi è possibile che Veronese, data la loro particolare relazione, avesse accesso diretti ai disegni del Palladio.
La Fruizione dell’architettura dipinta
Anche se andrea Palladio nei suoi progetti rappresentava gli edifici frontalmente e ortogonalmente, poi nella realizzazione pratica prevedeva una fruizione dinamica della struttura. Egli affermava che il visitatore deve vedere tutte le parti belle delle architetture prima di arrivare alle scale, apprezzandoli anche in scorcio o girandovi attorno.
Allo stesso modo le architetture raprresentate del Veronese sono caratterizzate da visioni in scorcio, con angolazioni e prospettive pensate per arricchire la composizione con un grande dinamismo.
Con questa eccezionale creatività e inventiva, anche nell’utilizzo delle architetture dipinte, il Veronese fu un grande sperimentatore e spesso, cercando soluzioni nuove ancora non intraprese ne’ dal Palladio ne’ dal Sansovino, potrebbe aver aperto strade che portarono al barocco, verso Bernini e i suoi contemporanei.